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Non vedevo l’ora che arrivasse il mio 65° anno di età per poter accedere gratuitamente ai siti culturali, quando ZAC è arrivata la sforbiciata del ministro Franceschini: stop alla gratuità per i musei agli over 65! L’ho subito considerata una brutta notizia e ho pensato a quanti miei coetanei frequentano, nel loro tempo liberato dal lavoro, mostre e cinema, siti archeologici e edifici storici. NOn lo faranno più perché anche quel modesto biglietto per alcuni è un peso insostenibile. E il loro tempo liberato dal lavoro lo ripasseranno davanti al televisore subendo programmi spesso ripetitivi e soporiferi. Poi è arrivata la notizia della prima domenica del mese con i musei statali gratuiti http://www.beniculturali.it/mibac per tutti. Ho pensato che era poco ma qualcosa era e valeva la pena aproffittarne. E così è stato ieri, 7 settembre. Ho coinvolto due amiche e siamo andate al Museo di Arte Orientale di via Merulana a Roma. Da tempo lo volevo vedere, sempre rimandavo anche per l’austerità del palazzo Brancaccio che non mi allettava. Forse la giornata di gratuità mi ha spinto ad andarci. La bigliettaia staccava gioiosa i biglietti omaggio ed ha confermato che l’iniziativa funziona. E’ stata una visita breve per quello che il museo offre, una quantità di oggetti risalenti anche a 5mila anni fa e riportati alla luce da spedizioni archeologiche italiane e da acqisizioni private. Nelle teche c’è solo una minima parte di quanto le civiltà dell’Iran, dell’Afganistan, del Tibet hanno prodotto nel passato e che noi ignoriamo. Mentre nelle notizie dei tg passano le immagini di quelle stesse regioni dell’Oriente oggi desertificate con la distruzione di persone e cose a causa delle guerre tuttora attive.
Un misto di bellezza e tristezza insieme. Ma non perderò la prossima prima domenica del mese per visitare un altro museo statale.
“E’ primavera, svegliatevi bambine. Alle Cascine il primo sole fa il rubacuor!”. Cantava così la nonna Amalia, nata settimina nel 1889, che aveva allevato sette figli facendo la lavandaia. Ecco perché tutti la chiamavano la Marescialla, si era indurita e aveva preso un piglio da autoritaria. Ma quando nell’aria arrivava l’odore e il calore di marzo, si metteva a cantare. Unica concessione al suo sguardo duro. Io mi divertivo da matti con lei a cantare, complici della trasgressione primaverile che invitava a lasciarsi andare. Quando ero bambina avevo una casa su un albero e un giardino intorno. Poi i tempi sono cambiati, le città hanno stritolato il verde della campagna, o meglio lo hanno inglobato se non annullato tra le costruzioni. Dicono sia colpa dell’introduzione del cemento armato che ha spinto a costruire palazzi alti. Sarà, ma la voglia di alberi, di prati, di fiori è sempre più forte perché se ne sente il desiderio, il bisogno, per vivere meglio . Ecco perché nelle città sono nate tante iniziative dette di giardinaggio sovversivo: si adottano aiuole, si fanno bombe di semi, si circondano gli alberi che rischiano di essere potati alle radici, ci si ritrova nei cortili e li si coltiva a orti . E io, che non ho più un giardino né un orto sento, che è tempo di seminare .
Me lo ricorda il web con i messaggi dai vari giardinieri sparsi in tutta Italia. Allora seguo il consiglio delle Lezioni di giardinaggio Planetario avuto in una giornata d’inverno nel bel mezzo di uno spettacolo teatrale: giro con semi di girasole e semi di zucca in tasca e li sparpaglio ovunque io veda un poco di terra o una breccia dentro un muro.
Proprio oggi, 21 marzo, primo giorno di primavera.
Contatto e ascolto. Queste le parole chiave per entrare nell’ installazione multimediale “Portatori di storie” realizzata da Studio Azzurro nell’ex manicomio di Roma. E’ il punto finale di una lettura multimediale fatta con l’enorme archivio conservato dentro il Santa Maria della Pietà. Cartelle cliniche, diagnosi, terapie, che descrivono la storia delle persone recluse, a volte per tutto l’arco della propria vita, nei padiglioni con parco botanico a nord di Roma. Si prova quasi un senso di libertà osservando la ricchezza degli alberi, nostrani come le querce o importati come le sequoie, piantati spesso dagli infermieri e dai pazienti negli ettari di terreno dell’istituto considerato nel secolo scorso all’avanguardia. Si prova molta della sofferenza dei cosiddetti malati di mente, entrando nell’ex padiglione, un tempo usato per gli internati, dove si trova il Museo della mente. Le installazioni spingono a mettersi al posto dei malati, a sentire le loro voci, a provare le loro ossessioni. Poi si raggiunge “Portatori di storie” dove le persone emergono dall’ ombra e si mostrano in primo piano. Aspettano il tocco di una mano e di essere accompagnati ad un punto dove si mettono in attesa di essere ascoltati. Tutto questo genera un’emozione fisica che non lascia indifferenti. Così non lascia indifferenti sapere quante cose in realtà fa la Sanità Pubblica, quella sana.
Sarà che ci sono andata con la classe (una terza elementare) del mio nipotino Cosimo, ma il riferimento ad Harry Potter e alla biblioteca della scuola di magia Hogwart è stato immediato. La Biblioteca Casanatense, pubblica dal 1701, mi ha prodotto un tuffo al cuore da tanto che è bella. Tutto quello che ci si immagina delle biblioteche antiche: uno stanzone enorme con alti finestroni, scaffali alle pareti fino al soffitto, un enorme “mappamondo” e un altrettanto gigantesco “mappa cielo”, ai lati estremi due scale a spirale di legno per accedere ai piani alti. Tutto a vista, tutto protetto sotto teche di vetro perché i libri lì custoditi sono antichi e antichissimi. Volumi donati per testamento dal cardinale Girolamo Casanate ai padri domenicani di Santa Maria della Minerva nel 1698 con la precisa disposizione che venisse fondata una biblioteca aperta al pubblico. Così è da allora e non resta che visitarla, in orario di biblioteca naturalmente.
Come sapete cerco tutte le occasioni gratis offerte dalla città. Ne ho trovata una molto particolare che va a sommarsi al mio desiderio di insegnare l’italiano agli stranieri. L’incontro è stato casuale, come spesso capita. Semplicemente parlando con un’amica che mi ha passato l’informazione. “Vai sul sito per saperne di più”, mi ha detto e così ho scoperto la Penny Wirton, scuola aperta a tutti nel quartiere di San Saba. Di scuole per stranieri in cui chi insegna non viene pagato ce ne sono molte, ma questa è speciale perché il rapporto docente/alunno è uno a uno. L’ideale per imparare, l’ideale per insegnare. Lo sappiamo bene quando vogliamo approfondire una lingua straniera. Ma è un lusso offerto agli stranieri che più di noi hanno urgenza di apprendere per potersi inserire. E volentieri mi sono inserita immediatamente, alla mia prima visita, nella scuola. C’era già un alunno che mi aspettava seduto al tavolo. Due ore concentratissime di scuola a Husseyn, che mi sorrideva ad ogni parola compresa. Senza avere la certezza di ritrovarci la prossima volta.
Sabato 6 ottobre chi vive o era a Roma ha potuto entrare in tanti spazi della città in modo gratuito (l’apertura, fissata per il 19 maggio, era stata rinviata a causa dell’attentato in cui era morta la studentessa pugliese). Quella sera non c’era che l’imbarazzo della scelta tra i musei del circuito comunale aperti eccezionalmente. Non a caso la fila di aspiranti visitatori davanti a molti luoghi era lunghissima. Con due amiche abbiamo scelto di defilarci un po’ dai soliti percorsi ma di non perdere l’occasione di visitare gratis e di notte qualcosa di speciale. Con il fiuto delle “attempate” siamo rimaste in zona Trastevere ma ai margini o meglio ci siamo spinte alle pendici del Gianicolo in zona Ambasciata di Spagna. Obiettivo: il Tempietto del Bramante di San Pietro in Montorio. E’ stato una meraviglia vederlo illuminato e girargli intorno e poter scendere fino ad osservare la cripta dove si dice siano conservate le ossa di San Pietro. Non contente, sempre evitando la massa, abbiamo raggiunto l’Orto Botanico in via della Lungara per una visita guidata con puntatore luminoso sulle piante avvolte dal buio. Tra i profumi delle erbe aromatiche e le ombre dei platani secolari siamo poi state introdotte nella serra dei cactus provenienti dal sud del mondo. Un’esperienza indimenticabile come anche osservare i fiori che si schiudono solo dal tramonto in poi.
Esperienze analoghe forse si potranno rivivere sabato 1 dicembre. L’occasione questa volta è buona per assistere ai concerti eseguiti nei musei comunali di Roma (info al tel 060608). Provare per credere.
Quali sono le occasioni per nutrirsi di cultura gratis? Me lo domando da quando sono in pensione e devo selezionare, per questioni di bilancio, le opportunità. Certo, il cinema per i senior è a prezzo ridotto (ma solo il primo e secondo spettacolo e solo dal lunedì al venerdì), così pure ci sono riduzioni per entrare ai musei e alle mostre (ma solo dopo i 65 anni). Inoltre mi guardo intorno e vivendo in una città come Roma non ho che l’ imbarazzo della scelta. Per vedere da fuori i monumenti o da dentro le chiese. Ma per accedere a luogh normalmente preclusi ai più e osservarli con calma da dentro? Per darmi una risposta sono alla ricerca costante di buone occasioni. Così un giovedì 1 novembre è arrivata una buona opportunità: sono entrata nel Casino di caccia di Aurora Pallavicini sul cui soffitto spicca un bellissimo dipinto di Guido Reni, da ammirare a prova di torcicollo. Per fortuna hanno trovato il trucco per evitarlo: uno specchio sul tavolo centrale rimanda l’immagine a distanza ravvicinata. Una sorpresa questo luogo, proprio davanti alle Scuderie del Quirinale. Una bella fortuna visto che è aperto solo il primo giorno del mese, solo dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 17.
Segnate data e luogo, per me da non perdere.
Ho sempre amato viaggiare. Ho smesso di farlo quando in Grecia, dove sono andata ogni estate per circa dieci anni, mi sono sentita chiamare turista. Non ero più una viaggiatrice agli occhi della gente del posto. Loro d’altronde avevano smesso di preparare la colazione con miele e feta e olive ma la offrivano in quelle orribili vaschette monodose di marmellata accompagnate da pane surgelato. Cibo igienico ma decisamente senza atmosfera. Le cose sono cambiate. Tutto il mondo è diventato accessibile. I viaggiatori sono diventati, appunto, turisti che macinano tour di una settimana passando da un continente all’altro. E per un po’ non ho viaggiato se non in Italia. Però viaggiando mi rilassavo molto, sopratutto quando mi spostavo senza un’idea prefissata sui tempi e i luoghi. Potevo rimanere uno o più giorni, neppure io lo sapevo. Mi piaceva non organizzare troppo neppure le mete. Con questo spirito ho fatto magnifici viaggi che mi hanno arricchito e dato molta fiducia in me stessa.
Ho accatastato molti libri ma non leggo molto. E non voglio dare consigli di lettura, perché non sono e non voglio essere la sapientona che dall’alto della sua esperienza spande sapienza a destra e a manca… però. Qual è il mio rapporto con la lettura, questo sì mi va di raccontarlo.
Non sono di quelle che dice: adesso che ho più tempo vado a rileggermi i classici. Anche se da molto tempo mi sento attratta dalla letteratura russa, da quella filosofia interiore che mi aveva già colpito leggendo Il dottor Zivago quando avevo 17 o 18 anni e imperversava il ‘68. Ero dalla parte di chi aveva fatto la rivoluzione russa ma mi aveva colpito come i personaggi, contadini e gente di classi sociali inferiori, fossero tutti molto spirituali. Mi aveva messo in crisi quella scoperta. Per caso ho incrociato quest’estate Tolstoy e il suo Resurrezione e più recentemente ho rivisto lo sceneggiato televisivo (quello del 1965 con Valeria Morioni e Alberto Lupo) o meglio il Video Tag fatto per ricordarlo. Insomma una riscoperta.
Sono per il bookcrossing. Infatti il libro che sto leggendo Deserti di Carla Pernotti (Corbaccio editore) me l’ha prestato la mia collega di religione, conosciuta da pochissimo. Non so come, non so perché abbiamo parlato subito di noi, appena ci siamo incontrate, e ci scambiamo manoscritti. Lei, grande lettrice, mi ha passato subito Deserti, perché parlavamo di diari di viaggio (dato che io ne ho scritti due: 40 giorni di Corsica e Grecia, un viaggio). Beh Deserti è fantastico: una donna non più giovane che decide di attraversare i deserti da sola, senza marito, senza amici. Una bella sfida, che fa pensare: proprio quando “hai una certa età” vuoi partire…
“Questo è buono o mi fa bene?” quante volte lo sentiamo dire se abbiamo a tavola dei bambini. Storcono il naso soprattutto davanti alle verdure. Pochissimi amano l’insalata, quasi tutti odiano il minestrone. E allora si parte con i racconti in modo da farli arrivare in fondo del piatto. Uno dei racconti preferiti dai miei nipotini è quello del viaggio alla ricerca di specialità. Un bel viaggio è quello che mi ha portato, già un po’ di anni fa, a Cavour in Piemonte. Nel mese di novembre, se non sbaglio, in tutti i ristoranti del paese cucinano a base di mele. Mele come antipasto, mele nei primi piatti, mele che accompagnano le carni, dolci a base di mele e mele per frutta. Ma alla Locanda La posta, la specialità non sono solo le mele ma anche i clienti. In particolare si ritrovano lì, una volta l’anno, i “grassoni” ovvero persone che per amore del cibo avevano raggiunto i cento chili e più.
E alla faccia di tutte le diete, al loro appuntamento annuale si pesavano sulla grossa bilancia collocata all’ingresso della Posta. Poi si sedevano a tavola e mangiavano tutto quello che volevano. Si ripesavano alla fine del pasto e uno di loro, il più pesante, veniva incoronato il “grassone dell’anno”. Foto d’epoca alle pareti testimoniano ciò che dico. Andare a vedere se non ci credete.